Fonte: Intervista a Maurizio Sacconi di la
repubblica
Nella lettera di Berlusconi alla Ue si
fa riferimento al mercato del lavoro proponendo maggior efficienza:
b)
Efficientamento del mercato del lavoro.
E'
prevista l'approvazione di misure addizionali concernenti il mercato del
lavoro.
1. In particolare, il Governo si impegna ad approvare entro il 2011 interventi
rivolti a favorire l'occupazione giovanile e femminile attraverso la
promozione: a. di contratti di apprendistato contrastando le forme improprie di
lavoro dei giovani; b. di rapporti di lavoro a tempo parziale e di
contratti di inserimento delle donne nel mercato del lavoro; c.
del credito di imposta in favore delle imprese che assumono nelle aree più
svantaggiate.
2. Entro maggio 2012 l'esecutivo
approverà una riforma della legislazione del lavoro a. funzionale alla maggiore
propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell'impresa anche
attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei
contratti di lavoro a tempo indeterminato; b. più stringenti condizioni
nell'uso dei "contratti para-subordinati" dato che tali contratti
sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti
ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato.
Come si legge al punto 2,
Berlusconi si impegna ad agevolare l’assunzione dei giovani e delle donne, solo
che per raggiungere l’obiettivo, aggiunge il “motivo economico” che, di fatto,
va a modificare ulteriormente l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori già
penalizzato dalla manovra aggiuntiva di agosto (l’articolo 8 della manovra che
consente alle imprese di derogare alle norme (dell’articolo 18) in caso di
accordi aziendali.
Ma cosa significa “motivo
economico”?
L’azienda in crisi può
licenziare, senza possibilità di reintegro, sia il singolo sia più persone col
solo impegno di dare al lavoratore una
indennità. Questo implica che, di fronte a crisi economiche, sia di singole
aziende che generali, l’azienda, per far fronte alle sue necessità, andrà a diminuire il personale senza l’impegno
di riassumere a crisi finita gli operai licenziati. Inoltre, nessuno può
garantire l’assunzione dei giovani e delle donne visto che il motivo è
economico, ovvero, determinato dalla crisi. Inoltre, anche la ristrutturazione
dell’azienda o il suo ricollocamento in altro sito può rientrare nel “motivo
economico”
Quali sono gli effetti?
Di fatto, si da la
possibilità all’azienda di licenziare in tutti quei casi dove, l’azienda, nella
necessità di modificare il suo assetto produttivo, si ritrova con personale in
eccesso.
Se valutiamo storicamente il
provvedimento, troviamo che le aziende hanno sempre agito in questo modo. Il motivo
primo è sempre stato il miglioramento della tecnologia applicata alla
produzione. La ristrutturazione, come veniva chiamata in passato, ha sempre
implicato la diminuzione di personale; in passato, però, gli ammortizzatori
sociali, in primo luogo la cassa integrazione guadagni (CIG) che subentrava
prima del licenziamento e che non implicava necessariamente il licenziamento,
sopperivano ai periodi più o meno lunghi di disoccupazione. Mentre oggi, con la
riduzione dello stato sociale e, di conseguenza, anche della CIG, prima si
licenzia poi si vedrà … ma cosa? Come sarà reintegrato l’operaio licenziato?
Sempre storicamente, le
aziende sono portate, naturalmente, a licenziare gli operai più anziani perché
più onerosi dato i diritti acquisiti nel corso degli anni (stipendio più alto,
più ferie, più malattia, ma anche meno rendimento). Ma anche meno preparati
professionalmente sempre a causa dei continui miglioramenti tecnologici.
Pertanto, un operaio di
cinquant’anni sarà impossibilitato a trovare lavoro anche se ha conseguito
attraverso i previsti(?) corsi di formazione una qualifica più alta; e questo
succede già oggi.
Ma, come dicevo sopra,
questo non implica che vengano assunti più giovani e più donne. Il motivo è
semplice: la tecnologia.
Ma, tornando agli anziani,
la domanda da porsi è semplice: come faranno ad accumulare i requisiti per la
pensione se questa viene spostata a 67 anni e loro vengono estromessi a
cinquanta?
Di fatto, questi
provvedimenti hanno un effetto, sul lungo termine, devastante per i lavoratori,
in modo particolare i dipendenti, perché non arriveranno mai alla pensione. E non
servirà, o servirà a poco, la formula della pensione integrativa perché, anche
con i vantaggi di versamento dei contributi che presenta (una minima parte al
lavoratore il resto all’azienda), rimane legata, comunque, al posto di lavoro
e, se questo viene a mancare, il capitale accumulato sarà minimo.
Dunque, il problema lavoro è
strettamente legato al problema pensioni. Come ho scritto altre volte, il
problema è il lavoro in se; la tecnologia sta sempre più sostituendo l’uomo. Questo
comporta una sempre maggior flessione in negativo dell’occupazione. L’unico
sistema per affrontare il problema è un maggior welfare.
Ma come aumentare le risorse
per sostenerlo?
Alla prossima puntata.