L’Italia e la cannabis nella cura terapeutica.
La signora Lucia,
trent’anni di Lecce, affetta da sclerosi multipla, era già sulla sedia a
rotelle - pur avendo provato tutte le cure possibili con farmaci convenzionali
e no che vengono prescritti a persone nelle sue condizioni - decide di provare
il farmaco Bedrocan (inflorescenze essiccate di marijuana) ottenendo ottimi
risultati; riesce a comminare e gli spasmi dei muscoli si sono ridotti
considerevolmente. La regione Puglia, e la regione Toscana sono le uniche ad
usare farmaci a base di marijuana.
Il signor Andrea
viene denunciato per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti per aver
curato la sclerosi multipla, di cui era affetto, con un farmaco a base di
marijuana. Per curarsi assume un farmaco a base di cannabinoidi con due
principi attivi estratti dalla canapo; il badiol che viene regolarmente
distribuito dal servizio sanitario.
Un consigliere della
provincia di Roma viene trovato in stato confusionale dopo aver assunto cocaina
e aver passato una notte con transessuali per puro piacere e divertimento. Non viene
denunciato!
Queste tre situazioni
denunciano due modi di affrontare il problema droga in generale e, in
particolare, nella cura di certe malattie come la sclerosi multipla. Da una
parte la tolleranza nel caso di persone pubbliche, nell’altro l’intolleranza
nei confronti di quanti si servono delle droghe per curarsi o alleviare i
dolori.
Purtroppo, l’Italia si trova
ancora nel pantano dei pregiudizi quando si tratta di prendere decisioni
riguardanti l’uso terapeutico delle droghe. Pregiudizi che precludono ai
pazienti la possibilità di curarsi in modo serio e positivo.
Considerando che un farmaco contenente
principi attivi estratti da sostanze stupefacenti esistono già sul mercato e
sono distribuiti gratuitamente previa ricetta medica come l’efferalgan, non si
capisce perché una malattia seria e debilitante come la sclerosi non possa
essere curata estesamente, con appropriata legge regolatrice, dando a tutti la
possibilità di usufruire dei farmaci già esistenti.
Come creare l’emergenza rifiuti e perché
Fonte
Teramo, Abruzzo.
Sembra che per creare
un’emergenza rifiuti in una provincia basti molto poco: un’unica società
gestore del settore, un’unica discarica continui aumenti dei prezzi,
conseguente debito dei comuni e ricatto della società: chi non paga non scarica
i rifiuti un discarica.
Questo il senso di quanto
dice il consigliere regionale del PD Claudio Ruffini in merito alla dichiarata emergenza rifiuti
in provincia di Teramo.
Secondo Ruffini, sembra che
si voglia tenere in piedi l’emergenza rifiuti per tornare a parlare della
necessità di costruire l’inceneritore a Teramo
Insomma, pur di ottenere quello che si vuole, nel caso, l’inceneritore,
si è disposti anche a mettere a repentaglio la salute dei cittadini bloccando
la raccolta dei rifiuti.
La viabilità in trentino
Fonte
Il trentino, regione notoriamente
dedita alla cura dell’ambiente, sembra dia poca importanza a quello urbano.
Succede ad Arco che la
strada principale verso l’ospedale civile sia poco praticabile dai mezzi a
motore, incluse le autoambulanze che devono fare slalon per raggiungerlo.
La causa sembra siano i
tombini che si sono abbassati rispetto al piano dell’asfalto. La denuncia viene
dai cittadini stessi attraverso il quotidiano “il trentino”.
L’amministrazione, informata della questione, effettuerà,
quanto prima, un sopralluogo per individuare gli eventuali interventi da
mettere in atto.
Eh, già! Una strada che
serve l’ospedale, dove passano ambulanze che trasportano persone che, in certi
casi, non dovrebbero subire ulteriori traumi, e i politici, “faranno effettuare
un sopraluogo quanto prima?”
Cosa ci vorrà mai a rendere
agibile una strada? I soldi, certo! Ma se l’agibilità di una strada che porta
all’ospedale non ha la priorità, mi chiedo a cosa servono i nostri soldi.
DOMANDA RETORICA? FORSE SI FORSE NO.
Sfida alla montagna o senso di onnipotenza?
Fonte
Succede che alpinisti
esperti decidano di affrontare la montagna pur sapendo che è in arrivo una
perturbazione che potrebbe bloccarli in quota.
Il primo novembre, una guida
alpina decide di guidare una alpinista nella scalata alla via del Linceul sulla
difficile parete nord delle Jorasses con la speranza di poter arrivare alla
vetta prima dell’arrivo della forte perturbazione annunciata dai servizi meteo
di tutta Europa. Purtroppo, però, per motivi ancora sconosciuti, la coppia non
riesce ad arrivare alla vetta per l’arrivo della perturbazione e rimane
bloccata in parete.
Dunque, due persone sono
bloccate a una temperatura di -25 gradi su una parete del Monte Bianco senza
che i soccorsi, a causa del maltempo, riescano a portarli in salvo.
Pur rispettando sia la
professionalità sia la capacità decisionale della guida, c’è da chiedersi come
sia possibile rischiare la propria vita e quella altrui forse solo per un senso
di onnipotenza.