Non c’è rivoluzione o insurrezione senza un obiettivo finale.
I black blok e l’insurrezione armata.
Fonte
Teorizzare l’insurrezione senza una visione di quello che sarà dopo,
cioè, di come sarà costruita, nelle sue strutture di base, la nuova società, è un
esercizio teorico/pratico che, oltre a non portare nulla di nuovo e positivo,
prelude alla dittatura.
Ascoltando l’intervista, fatta da Il Fatto Quotidiano, a
esponenti del black blok, risulta chiara la mancanza di un fine alla loro
protesta; un fine che dovrebbe giustificare – anche se la violenza non è mai
giustificabile – le loro azioni perché non basta avere un obiettivo da
combattere – quello è l’obiettivo individuato dagli indignati. Avere un
obiettivo senza avere anche il fine con cui sostituirlo significa agire per il
gusto dell’azione.
Se l’obiettivo è l’attuale società capitalista/liberista,
distruggerla non serve a nulla se non la si sostituisce con altro tipo di
società che, però, non può nascere dal caso. In ogni rivoluzione che si è
affermata, il fine da raggiungere era già presente nella vecchia società: la
rivoluzione borghese è servita a dare più potere alle idee della borghesia già
operante, la rivoluzione proletaria doveva servire a dare più potere ai
lavoratori. Tutte due presupponevano la creazione di una nuova società
teorizzata in anticipo. Pertanto, affinché la rivoluzione o insurrezione abbia
successo, oltre all’apporto della maggioranza della popolazione – altrimenti si
verificherebbe la dittatura dei rivoluzionari come successo in Russia – serve
un fine, cioè, un insieme di regole sociali che determineranno la società
futura.
Nell’intervista ai black blok, però, tutto ciò manca. Non
c’è niente che indichi l’obiettivo finale, il fine della loro rivoluzione.
L’unico dato certo è l’emotività, nata dalla rabbia, su cui si basa il loro
programma politico/rivoluzionario. Emotività che, pur essendo comune a quanti
si trovano a pagare i conti della crisi, si discosta proprio nel programma
politico/rivoluzionario: gli uni vorrebbero “distruggere” gli altri vogliono
mantenere ciò che hanno avuto finora. Distruggendo non si porrà fine solo al
capitalismo ma anche ai diritti acquisiti; ed è qui che i black blok si
scontrano con la maggioranza del movimento. Maggioranza che chiede una politica
diversa, una politica che non li escluda facendo pagare loro il prezzo della
crisi. Maggioranza che, pur criticando il sistema attuale e volendolo cambiare,
non vuole rinunciare alla democrazia perché consapevoli che non è da essa che
derivano le crisi del sistema.
Sono ben coscienti che è proprio per mezzo della
democrazia che si sono ottenuti, in passato, i diritti e il benessere che hanno
caratterizzato gli ultimi decenni; incluso l’welfare. Questo indica che la
teoria che addebita il costo sociale all’welfare, propagandata dal governo, non
è accettata, anzi, il movimento addebita la crescita del debito proprio al
sistema economico/finanziario e alle tante incongruenze nel sistema di gestione
politica dei prestiti e nella gestione della cosa pubblica.
Inoltre, è recente la decisione del comitato dei No Tav
di sganciarsi dai black blok in occasione della manifestazione di domenica
23-10 mentre i black aveva affermato nell’intervista di essere in sintonia con
la popolazione.
Alla luce di quanto esposto nell’intervista, risulta
chiaro l’intento di agire anche contro chi vuole manifestare pacificamente
definiti “cittadini belanti illusi di poter avere un buon governo” - ma se non
si può avere un buon governo, come potranno costruire una società equa?
Concludendo, sembra che gli illusi siano proprio i black
perché, comunque, dopo ogni “distruzione” segue necessariamente la
ricostruzione di un nuovo sistema. La buona riuscita della rivoluzione
dipenderà da quale tipo di società si costruirà da cui dipende il tipo di
governo. Lasciando le cose al caso come vorrebbero i black, il rischio che la
società e i governi siano delle dittature è molto alto.
Inoltre, la violenza di Roma sta spingendo il governo su
posizioni illiberali in merito al diritto di manifestare e a proteggere con leggi
apposite le forze dell’ordine impegnate nelle manifestazioni; questo implicherebbe
dare mano libera alle stesse.
Perciò, la violenza, oltre ad assomigliare al terrorismo,
potrebbe portare a una svolta in senso autoritario della società.
MA FORSE È QUELLO CHE VOGLIONO!
SEMPRE CHE NON CI SIA UNA REGIA SUPERIORE CON L’INTENTO,
APPUNTO, DI CREARE DISORDINI PER CREARE UNA REAZIONE CONTRARIA DA PARTE DEI
GOVERNI.