Tutti abbiamo visto e letto la cronache degli scontri a Roma,
ma si può dire in tutta onestà che quello che è successo ieri , alla
manifestazione del movimento contro la crisi, può essere chiaramente definito
un attacco alla democrazia da parte di forze estranee al mondo civile.
Definire fascisti o comunisti quei gruppi è troppo riduttivo.
Qui siamo di fronte a provocazioni organizzate con una regia ben definita che
hanno un unico scopo: delegittimare la protesta facendola degenerare in
violenza atta a creare terrore nella popolazione. I gruppi, definiti neri dalla
stampa – ma quel neri va letto non tanto in senso politico quanto in senso
metaforico; neri come il buio, come la notte che vorrebbero portare nel mondo. Come
quelle forze oscure che, nel nostro passato, non hanno avuto nessuna pietà a
colpire nel mucchio – non dimentichiamoci di piazza Fontana, piazza della Loggia,
stazione di Bologna e tanti altri obiettivi che hanno creato paure e morti. Forze
oscure che esulano dai normali schemi della società.
Molti si chiederanno come sia potuto accadere, perché non
sono stati fermati dalle forze dell’ordine alle prime avvisaglie. Domande legittime.
Così come è legittimo avere dei seri dubbi sul coinvolgimento delle stesse. Sarebbe
più utile capire perché e chi a interesse al caos. Perché nessuno, pur sapendo
della speculazione finanziaria in corso, prende provvedimenti contro di essa.
Ad esempio, si dovrebbe capire perché la finanza e chi la
controlla non prende misure contro le cosiddette società di rating che con i
loro giudizi mettono in seria difficoltà gli stati – perlomeno, un sospetto che
siano coinvolte nella speculazione dovrebbero esprimerlo. Giudizi negativi sul
debito pubblico che cadono a raffica su alcuni paesi mentre su altri che, pur
avendo anche loro un debito consistente, vengono giudicati in modo positivo o
poco negativo.
Lo stesso vale per la crescita. In tutto il mondo occidentale
la crescita è ferma o quasi. L’industria stenta ad avere commesse e si da la
colpa ai paesi emergenti che riescono a produrre a basso costo. Ma è proprio
così?
Se è vero che in occidente il costo del lavoro è alto, è
altrettanto vero che i popoli occidentali hanno ottenuto maggiori
garanzie sul loro futuro; garanzie che, ovviamente costano. Mentre nei paesi
emergenti, o la dove vige la dittatura, i popoli sono ancora a livelli
bassissimi e, di conseguenza, anche i diritti civili.
Ci dicono che il rapporto debito Pil è determinante e, in
base a questo, ci propinano politiche economiche di tagli in ogni settore e, in
particolare, nel settore welfare dove si colpisce i meno abbienti.
Tutti i governi e gli economisti sanno della
speculazione, ma tutti la trattano come cosa ordinaria. Cosa che fa parte del sistema e, pertanto,
ad essa bisogna adeguarsi.
Invece di contrastare la speculazione, i nostri governanti,
con la scusa della crisi stanno cercando di diminuire il benessere dei popoli e
i loro diritti.
È in questo contesto che i giovani stanno cercando una via
diversa. L’accusa che rivolgono alla finanza e alle banche non è inventata; di
fatto sono loro a decidere la politica delle nazioni.
Di fatto, i giovani, condannando la finanza, condannano l’attuale
sistema liberista; non per niente il movimento è trasversale.
La manifestazione di ieri, oltre che a far sentire la voce di
quanti voce non hanno, serve anche a dare un indirizzo ai governi. Oltre ad
esprimere pacificamente la propria rabbia, i giovani stanno mettendo a nudo, oltre alle
contraddizioni del sistema, anche i suoi limiti e la sua inadeguatezza come
base di una società moderna.
Il rifiuto dei manifestanti ad accettare la violenza come
metodo di lotta implica, oltre alla volontà di rispettare le regole, anche la
padronanza della cultura democratica che della violenza ne fa volentieri a
meno.
Concludendo, il movimento si basa sulla piena coscienza che i
governi stanno difendendo esclusivamente interessi particolari e non credono
più che la colpa sia da addebitare al troppo welfare, in primis le pensioni. Sanno
bene che più si allunga la durata del lavoro più si rimanda la loro entrata,
così come sanno che la durata della vita, tanto sbandierata dai governi, è
legata in modo particolare alla qualità della vita. Qualità che verrebbe meno
con la diminuzione del benessere.