prima e seconda parteParadossalmente, è dittatore chi rivendica la massima liberta
per sé.
Assolutismo,
naturale evoluzione dell'individualismo.
Ogni individuo ha la tendenza a
pensare che la propria idea sia la più adatta a realizzare una società
"perfetta" e ne ritenga necessaria la sua attuazione attraverso la
libertà individuale. Attuazione che, inizialmente, si manifesta con la
creazione di strutture atte a soddisfare la necessità di quanti vi aderiscono
ma che, col passare del tempo e con il naturale attrito che si manifesta con le
altre idee presenti, tenderà sempre più a porsi come idea dominante. Pertanto,
l'individuo chiede sempre maggior libertà per se e la propria idea e al
contempo, cerca di coinvolgere un maggior numero di sostenitori per poter
giustificare la sua presenza nella società e nelle istituzioni. Da qui nasce
l'esigenza di un sempre maggior consenso intorno alle proprie idee e una
maggior pressione sui cittadini che dovrebbero accettare l'idea da lui proposta
come unica soluzione ai problemi. Più il consenso aumenta, più l'individuo si
sente in dovere di chiedere maggior libertà alle proprie azioni.
La massima espressione culturale di
questo modo di vedere e il suo naturale sviluppo è l'assolutismo, naturale
evoluzione del diritto alla totale libertà individuale basato sul presupposto
che solo una delle culture è quella che porterà l'umanità all'affrancamento
dalle necessità primarie.
Questa visione della società mette,
per potersi giustificare, al di sopra dell'essere umano, un qualche concetto
astratto - come dio o la legge - per far si che la società da loro proposta venga
interpretata come un qualcosa di ineluttabile e legittimo. Ma per raggiungere
lo scopo devono eliminare le differenze culturali interne, far accettare a
tutto il popolo la loro idea o teoria sociale; ciò comporta la totale
ristrutturazione, non solo delle strutture ma anche dei principi su cui si
basava la società precedente. Ed è qui che coloro che rivendicano la massima
libertà, in realtà rendono la società schiava di un'idea non condivisa.
L'idea di uniformare l'essere umano
ad un'unica visione sociale, anche attraverso i moderni mezzi di comunicazione
di massa e anche con un'adeguata critica, comporta, necessariamente, la
restrizione delle libertà nel processo di unificazione per poter meglio esporre
le proprie ragioni senza contraddittorio. Restrizioni che si manifestano
attraverso l'impedimento della critica alle idee deputate a divenire dominanti.
Ciò non avviene necessariamente, o comunque non solo, attraverso leggi
restrittive ma anche attraverso meccanismi propri delle democrazie, cioè utilizzando
le risorse disponibili - che possono essere economiche e sociali. Si pensi ai
mezzi di comunicazione che, utilizzando le libertà della democrazia, si
prefiggono lo scopo di neutralizzare, attraverso le libertà economiche creando
monopoli nell'editoria, la divulgazione delle idee altrui ma anche di
manipolarle, attraverso programmi (tv e radio) "leggeri" di svago e
programmi di approfondimento dove le notizie vengono date senza contraddittorio
e pertanto interpretate a loro piacimento.
In tal modo si crea uno spazio
culturale dove immettere idee immuni dalla critica storica e meglio recepibili
poiché, chi le riceve, non avendo, nell'immediato, modo di verificare (ovvio
che la verifica la si può fare dopo, ma questo comporta un lavoro sia mentale
che pratico, di reperibilità del materiale necessario, che la maggioranza dei
cittadini non ha a disposizione sia culturalmente sia per il tempo
necessario) la vericidità delle idee e analisi proposte nei vari programmi
finisce con il dare credito sulla fiducia.
Chiaro che nessuno può manipolare le
idee e, in particolare, la storia raccontando fatti mai esistiti; si parte
sempre da fatti realmente accaduti. È nel processo di interpretazione che si
insinua l’interpretazione che permette a chi da la notizia per reinterpretarla
nei termini più adatti allo scopo.